Modelli giuridici e prassi manageriali: un gap ancora da colmare

La realtà giuridica spesso non rappresenta la realtà economica e sociale del paese, soprattutto in alcune aree del diritto commerciale, che presentano una mancata corrispondenza del contenuto allo schema. Si assiste, infatti, ad una sorta di bulimia normativa, caratterizzata da una legislazione a toppe, piuttosto che a tappe.

L’obsolescenza dell’ordinamento giuridico è evidente, ad esempio, rispetto alle applicazioni dell’Innovation Technology al diritto societario e commerciale. Non è pensabile, infatti, regolare il funzionamento di una Assemblea o di un Consiglio di Amministrazione con una normativa vecchia, che non preveda procedure attualizzate alle nuove tecnologie come le blockchain, attraverso le quali è già possibile rivoluzionare le transazioni informative che avvengono nell’ambito della corporate governance, ad esempio identificando le persone aventi diritto al voto, migliorando la trasparenza nelle procedure e nei meccanismi di voto, includendo nel registro informazioni relative alle regole e procedure di voto, ai requisiti degli azionisti di maggioranza e ai diritti di accesso. Ancora oggi, in tempi di smart working, i notai non sono ancora attrezzati per la gestione di un’assemblea da remoto.

Un altro gap da colmare riguarda l’evoluzione degli assetti proprietari rispetto alla loro regolamentazione giuridica. Com’è noto, gli equilibri di potere che si determinano all’interno del sistema proprietario sono riconducibili ad un modello ciclico di interesse/conflitto/potere, in cui la coalizione dominante cerca di preservare e/o implementare la propria supremazia. Questa dinamica, tipica dei CdA e delle Assemblee, non trova corrispettivo nella normativa vigente, che non è ancora al passo con la necessità di tutelare le minoranze azionarie. Quest’ultime possono tutelarsi ricorrendo agli investitori istituzionali o alla mediazione di proxy advisors e solicitors; ma con poco supporto dell’ordinamento giuridico, che ancora non regolamenta appieno queste nuove relazioni.

L’inadeguatezza dell’ordinamento normativo appare tale anche nei sistemi di controllo, in cui vige una duplicazione normativa farraginosa, con una ripetuta sovrapposizione di disposizioni di rango legislativo con quelle autodisciplinari. Il paradosso è quello di un eccesso normativo che finisce per creare inefficienze e lacune tra l’ordinamento e la realtà economica da regolamentare. Ad esempio, l’introduzione della figura dell’amministratore indipendente nei CdA, tipica di un sistema come quello anglosassone dove la protezione legale degli azionisti di minoranza è massima, in Italia appare in contrasto con l’assenza di una normativa adeguata; ne è un esempio il caso relativo ai fenomeni di interlocking directorates che, nel nostro sistema giuridico, sembrano essere stati disciplinati solo nel comparto creditizio, ignorando di fatto gli altri settori. Un altro esempio è dato dalla sopravvivenza in Italia del Collegio Sindacale, che appare anacronistico sia per l’eccessiva duplicazione dei sistemi di controllo, sia perché troppo legato a meccanismi basati su sistemi legislativi obsoleti. Sembrano sopravvivere logiche tipiche del civil law laddove, invece, le best practice portano verso l’adozione di sistemi adatti al regime del common law. Se, quindi, si punta ad imitare best practice sviluppate all’interno di sistemi giuridici diversi, come quello common law, occorre anche riformare la normativa verso quelle classi del diritto. Schema e contenuto, insomma, devono necessariamente coincidere.

Su questi temi Corporate Governance and Research & Development Studies pubblicherà a breve uno Special Issue dal titolo “Tradizione e innovazione nella Corporate Governance”, curata dal prof. Emerito Gaetano Maria Golinelli e dal prof. Bernardino Quattrociocchi, in cui una delle principali track proposte sarà proprio quella della Law and Economics.

 

Salvatore Esposito De Falco

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