La Corporate Governance: alla ricerca di un equilibrio tra l’accademia e i practitioners

Il trasferimento di conoscenze tra “mondo accademico” e “mondo imprenditoriale” è considerato uno dei fattori principali per la crescita economica di un paese.
Molteplici, infatti, sono le determinanti che vanno in tale direzione: ad esempio, il mondo imprenditoriale può ispirare nuove direzioni di ricerca al mondo accademico e fornire allo stesso ulteriori contributi. Al pari, la collaborazione con l’università permette alle imprese di acquisire conoscenze esterne per integrare le competenze interne e rispondere più rapidamente alle richieste del mercato (D’Este e Perkmann, 2011; de Wit-de Vries et al., 2019; Hou et al., 2019).
Diversi sono i modi mediante i quali i due mondi possono dialogare. Tra questi, negli ultimi anni, hanno assunto particolare importanza brevetti, licenze, joint venture, spin-off e così via. Anche lo scambio di conoscenze (knowledge transfer)1 mediante una pubblicazione scientifica costituisce un valido medium anche se, solitamente, la ricerca condotta dall’impresa è principalmente per uso interno, mentre la ricerca accademica è prevalentemente destinata all’uso dei ricercatori.

Quanto detto dimostra come siano necessari punti di incontro, luoghi ideali, dove praticare un confronto dialettico e propositivo di scambio della conoscenza tra mondi diversi ma complementari, entrambi fondamentali allo sviluppo e alla crescita della società.
In quest’ottica, la rivista Corporate Governance and Research & Development studies si pone l’ambizioso obiettivo di facilitare il dialogo tra i due mondi, ritenendo che solo una condivisione bi-direzionale delle conoscenze possa identificare i problemi rilevanti e sviluppare soluzioni efficaci, contribuendo al trasferimento ed all’implementazione di nuove conoscenze.
In particolar modo, mediante la pubblicazione di special issue, la rivista mira a ridurre il divario tra la ricerca condotta in ambiente accademico e le best practice utilizzate dai professionisti (membri di consigli di amministrazione, consulenti, soggetti istituzionali, ecc.) e le considerazioni provenienti da quel mondo.
Come membro del comitato editoriale sono onorato di poter firmare il primo numero speciale della rivista e ringrazio il direttore scientifico e gli altri membri del comitato editoriale di tale compito.
Da giovane ricercatore e studioso, mi sia permesso di citare l’aforisma comunemente attribuito a Bernardo di Chartres, citato da Giovanni di Salisbury nel Metalogicon (III, 4):
"nos esse quasi nanos gigantium humeris insidentes, ut possim plura eis et remotiora videre, non utique proprii visus acumine aut eminentia corporis, sed quia in altum subvehimur et extollimur magnitudine gigantea (noi siamo come nani sulle spalle dei giganti, così che possiamo vedere un maggior numero di cose e più lontano di loro, tuttavia non per l’acutezza della vista o la possanza del corpo, ma perché sediamo più in alto e ci eleviamo proprio grazie alla grandezza dei giganti)."
La nostra missione di disseminazione della conoscenza è incompleta se, da un lato, la conoscenza non viene messa in circolo; e, dall’altro, se l’informazione non è resa largamente e prontamente disponibile a tutti.
Ciò premesso, i numeri speciali della rivista avranno l’obiettivo di far dialogare le imprese con le università. Ne è un esempio la partecipazione attiva, in questo numero speciale, di Morrow Sodali, società specializzata nella consulenza sulla Corporate Governance.
Su quest’ultimo aspetto, in particolare, va rilevato che le tematiche relative alla Corporate Governance, negli ultimi anni, sono state caratterizzate da una profonda evoluzione (Esposito De Falco et al., 2019), grazie ad un contesto normativo favorevole (si pensi alla Shareholders Rights Directive) ed ai cambiamenti nei comportamenti e nelle strategie, soprattutto da parte degli investitori istituzionali (Cucari, 2018).
Tale situazione, dettata anche da eventi negativi, ha reso la Corporate Governance più complessa, richiedendo una sua modifica che, partendo dai vertici, fosse in grado di orientare il comportamento organizzativo dell’impresa verso un maggiore coinvolgimento e un dialogo aperto e costruttivo con tutti gli attori in gioco.
Come non ricordare anche il recente Statement of Purpose (Dichiarazione di intenti) dell’influente Business Roundtable, associazione che raggruppa i CEO di 200 imprese tra le più importanti in America, circa gli orientamenti e le finalità che devono caratterizzare i comportamenti manageriali nella gestione e nell’amministrazione delle grandi imprese.
Per la prima volta, nella vita di questa associazione, i firmatari dello statement affermano che, accanto al profitto a favore degli azionisti, occorre perseguire anche gli interessi di tutti gli stakeholder (dipendenti, fornitori, consumatori, comunità locale). Non è più sufficiente considerare il solo profitto, ma occorre includere anche la protezione dell’ambiente e la dignità e il rispetto del lavoro, dei consumatori, dei fornitori e delle comunità locali.
Il dibattito acceso da tali dichiarazioni è significativo: c’è chi parla di una vera e propria svolta (Financial Times) e chi lo vede come una mossa di marketing e solo fumo negli occhi (Zingales).
Del resto chi ha studiato sui testi dei Maestri italiani di economia d’impresa (Zappa, Saraceno, Pacces, Golinelli, solo per citarne alcuni) troverà la dichiarazione troppo generica per incidere significativamente sui comportamenti aziendali. Ciò che, al momento, è possibile constatare, è un nuovo modo di concepire l’attività di business e una “rinnovata” attenzione
proveniente dal mondo dei practitioners verso tutti gli stakeholder. In quest’ottica, appaiono interessanti i momenti di incontro in ambito accademico per la discussione dei temi più rilevanti sul fronte della Corporate Governance; ma essi non devono limitarsi ad un’auto-referenzialità, ed avviare in maniera decisiva un dialogo con i practitioners per contaminare e contaminarsi nel rispetto delle unicità e delle diversità.
Alla luce di ciò, la contaminazione tra i due mondi diventa necessaria e solo essa può generare risultati positivi ed effetti win-win. Si tratta soltanto di innescare meccanismi di contaminazione e, in tal senso, la presenza di riviste scientifiche con queste finalità potrebbe aiutare nell’attività di matching tra elementi del mondo accademico ed elementi del mondo imprenditoriale.


di Nicola Cucari, Sapienza Università di Roma


Riferimenti bibliografici

Armstrong J.S. (2004). Does an Academic Research Paper Contain Useful Knowledge? Australasian Marketing Journal, vol. 12, n. 2, pp. 62-63.


Bloedon R.V., Stokes D.R. (1994). Making university/industry collaborative research succeed. Research Technology Management, vol. 37, n. 2, pp. 44-48.


Cucari N. (2018). Lo shareholder engagement negli studi di corporate governance. Un’analisi empirica mediante la Qualitative Comparative Analysis. Milano: FrancoAngeli.


D’Este P., Perkmann M. (2011). Why do academics engage with industry? The entrepreneurial university and individual motivations. The Journal of Technology Transfer, vol. 36, n. 3, pp. 316-339.


de Wit-de Vries E., Dolfsma W.A., van der Windt H.J., Gerkema M.P. (2019). Knowledge transfer in university-industry research partnerships: a review. The Journal of Technology Transfer, vol. 44, n. 4, pp. 1236-1255.


Esposito De Falco S., Alvino F., Cucari N., Lepore L. (2019). Challenges and opportunities in Italian corporate governance. Sumy, Ukraine: Virtus. Interpress.


Geuens M. (2010). Where do we go from here? Food for thought on academic papers in business research (No. 10/650). Ghent University, Faculty of Economics and Business Administration.


Hou B., Hong J., Wang H., Zhou C. (2019). Academia-industry collaboration, government funding and innovation efficiency in Chinese industrial enterprises.Technology Analysis & Strategic Management, vol. 31, n. 6, pp. 692-706.


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